Input del... Karma
C’è chi sostiene che ogni persona quando viene al mondo sia inevitabilmente sotto l’influsso di una buona o cattiva stella. Un po’ come credono alcune popolazioni primitive, con diverse sfumature, che ognuno nasca con precisi segni premonitori di quello che sarà il proprio percorso-destino. Se qualcosa di vero c’è in queste identificazioni casuali capaci di segnare il nostro karma, allora io credo di poterne individuare almeno tre per quanto mi riguarda. Ovviamente della mia nascita non ricordo granché, ma in seguito ho saputo di alcuni fatti, diventati quasi leggende nella mia cerchia di amici e parenti, che potrebbero ascriversi appunto come segni premonitori.
Primo fatto e relative implicazioni premonitrici. Senza dubbio sono nato a Varese nel 1943, oggi città riccaleghista, allora zona di sfollati da Milano. I miei erano finiti in quel di Cernobbio, ridente cittadina sul lago ecc. oggi sede di Grandi Convegni Confindustriali e Governativi (e già questo comincia a significare qualcosa) dunque dicevo, sono nato nel senso proprio di venire partorito, nell’ Ospedale di Varese in un’ora imprecisata del 16 Aprile 1943, appena 9 giorni prima di quello che diventerà storico per la Liberazione (e anche questo può voler dire qualcosa). Ma dell’ora se n’è persa traccia in quanto…, e qui devo accennare alla prima leggenda: In quei giorni la città era sotto bombardamento e mia madre, insieme ad altre ricoverate, ad un certo punto fu trasferita da un’ala all’altra dell’ospedale, giusto in tempo! perché da lì a poco proprio quella parte fu colpita disastrosamente. (Se non è culo questo!) Così, sono potuto venire al mondo io, ma nel bailamme generale neppure mia madre fu in grado di memorizzare l’ora esatta.
E questo comporta, ahimè, che non posso godere di un Oroscopo completo, mancandomi l’Ascendente. Testardo come un Ariete lo sono sicuramente, ma ingenuo e boccalone come cosa? Comunque nella città del Terribile Hulk Umberto solo il tempo di spuntare fuori e stabilire l’anagrafe perché il concepimento (con il cuore e non solo) dovette avvenire tra Milano e la Sicilia. Probabilmente a Palermo, dove allora bazzicava mio padre in qualità di Ispettore della Germani-Scappino (sì proprio quelli del famoso nodo, e sarà forse per questo che non amo molto la cravatta). Circa nove mesi prima che la moglie di mio padre diventasse anche mia madre, infatti, la coppia aveva fatto un lungo giro turistico dell’isola. Un viaggio che lei poi ricorderà spesso con sospiri struggenti. Tutto questo per dire che nelle mie vene scorre sangue misto, più siculoterrone che lombardoleghista, motivo, probabilmente, che ha spinto i miei passi in un lungo vagabondare, e che dopo un’adolescenza irrequieta al Nord e varie tappe al Sud ha finito per farmi approdare, quale emigrato al contrario, alla “tranquilla” terra di Turiddu. Scorrazzando per ogni angolo dell’isola e passando attraverso inenarrabili esperienze, dalle lotte dei terremotati del Belice all’impegno militante degli anni rivoluzionari, sono giunto infine a Palermo (il richiamo del sangue, come volevasi dimostrare) dove in rapida sequenza ho trovato l’Amore (sì quello con la A maiuscola) poi la casa il lavoro e in definitiva mi sono sistemato.
Secondo fatto, seconda leggenda. Il 16 Aprile 1943 non è solo fatidico perché sono nato io, bensì in quanto, cosa scoperta negli anni caldi della Contestazione, in quello stesso giorno, anche qui non si conosce l’ora esatta, un certo Albert Hoffman nei laboratori della Sandoz di Basilea si dice abbia scoperto o meglio messo a punto la formula della dietilammide dell’acido lisergico, più nota come LSD (e non so se mi spiego!). In effetti, quando venni a sapere di questa incredibile coincidenza temporale io avevo già cominciato, per i fatti miei, a fare piacevoli esperimenti di tipo psichedelico, così che indubbiamente mi sentii fortemente motivato e giustificato da quel segno del destino. E da allora cominciai a non perdere occasione per, usando una metafora, rompere le palle a tutti declamando questo mio eccezionale gemellaggio idealfilosoficoscientifico.
Questo secondo fatto in realtà ha influito più sul periodo dell’adolescenza, che nel mio caso si è protratta fino a molti anni dopo il servizio militare, ma ancora prima si può collocare il terzo evento, negli anni di un’infanzia banale e piatta, se si eccettua, appunto, per l’increscioso episodio. Tutto sommato si trattò semplicemente di un tentativo di autoeducazione sessuale, anche se mia madre si ostinerà a definirlo diversamente. La faccenda andò così: un giorno che ero malato, a letto con la febbre, venne a trovarmi una mia amichetta del cortile, la Mariella, per farmi compagnia. Dopo i soliti stupidi convenevoli fra ragazzini timidi ma curiosi ci eravamo messi a giocare con il Colorado, gioco antesignano di quelli intelligenti, che permetteva di realizzare composizioni variopinte infilando piccoli stecchi di legno con la capocchia di vari colori in appositi stencil traforati. Non so se esista ancora, ma era bellissimo, e noi spiriti creativi c’ inventammo una gustosissima variazione. In pratica, giovani avidi dei misteri del sesso, avevamo cominciato a scrutarci per vedere concretamente le differenze tra “il mio coso e la tua cosa”, ed eravamo arrivati ad un’esplorazione più approfondita infilandoci a vicenda (per me impresa più complicata) qualche stecchino colorato, così, inconsciamente forse, anche per abbellire le nostre cosiddette vergogne. Ed ecco che improvvisamente si spalancò la porta e con una specie di grido strozzato irruppe mia madre, che paonazza e del tutto indiscreta domandò: -Si può sapere che state facendo voi due?-. Al che io, non so come prontissimo, seppi rispondere: -Niente, stiamo giocando con il Colorado.- Ma fu solo un attimo perché subito dopo ricordo di essermi vergognato come un ladro, diventando certamente rossofuoco, mentre Mariella fuggiva via piangendo inseguita dalle urla esagerate e poco educative di una mancata suocera. Conseguenza immediata fu un enorme imbarazzo, crescente insieme alla febbre che divenne da cavallo, ma ben più gravi furono gli effetti successivi, se è vero che la mia vita sessuale, ahimè, finì per essere tardiva e piena di casini. Inoltre, mai ebbi modo di spiegare a mia madre quanto può essere deleterio troncare bruscamente sul nascere una sana precoce smania di apprendimento, specialmente quando gli unici insegnamenti sull’argomento sesso si sono limitati ad un minaccioso avvertimento ogni volta che mi chiudevo in bagno per troppo tempo: -ESCI DA LI’! GUARDA CHE SI DIVENTA CIECHI!-
In seguito a quell’episodio mi sono chiesto spesso: “che fine avrà fatto Mariella?” Suora o pornostar? Chissà! Magari semplicemente psicologadivorziata o madreresponsabile con negozio di giocattoli.
Ecco raccontati i tre eventi più significativi, ma ce ne sarebbe un quarto, pensandoci bene, che pure deve avere avuto una grande influenza sulla mia vita. Fu in occasione della Prima Comunione: andavo a catechismo nell’Oratorio dei Frati Francescani e già soffrivo come un ateo incallito per quelle noiose formulette ripetitive impartite con dolceseverità da Padre Casto. Allora, l’unica distrazione era cercare d’immaginare dove sarebbe potuta finire quella sua lunghissima barba bianca nei vari momenti topici della giornata, per esempio quando doveva defecare (ma allora non mi esprimevo così). Eh! Quanto avremmo pagato tutti per vederlo nell’atto di calpestarla o inzaccherarla almeno una volta! Ma la sofferenza maggiore mi veniva dal mio compagno di banco. Costui lavorava molto di dita, se le infilava in continuazione dappertutto: nel naso, nelle orecchie, in bocca, nell’ombelico, sotto le ascelle e da ogni posto ne annusava con gran gusto i diversi odori. Quando, al sommo della voluttà, se le infilava in culo, allora bontà sua, decideva che ne dovessi godere anch’io, e proditoriamente senza che mai riuscissi a scansarmi, me le schiaffava sotto il naso con un sibilante: -Annusa il sacro profumo!- (Chissà che fine avrà fatto anche lui. Commerciante di profumi o seguace di Padre Pio?) Ad ogni modo il supplizio finì e fummo pronti per il GrandeGiorno. Tutta la solita rituale cerimonia e poi finalmente via! Per una festa piena di dolci e di regali. Ebbene, io che cosa ti combino? Per tutto il tragitto dalla chiesa al locale del ricevimento, accompagnato da alcuni miei cuginetti, tutti più piccoli d’età che pendevano dalle mie labbra come da un novello Messia, li deliziai con una quantità forsennata di barzellette spinte, cosiddette sporche. Senza che mi rendessi conto di fare peccato. E anche questo è sicuramente un segno: dal momento che non fui capace di restare per più di 5 minuti in quella GraziadiDio che tutta la parentela intorno commossa mi invidiava, non sarà stato, forse, proprio allora che si aprì la mia strada verso l’ateismo più tenace?
Eh sì, decisamente non si può che concludere dando ragione a quei popoli e a quelle filosofie che sostengono: Ognuno nasce e cresce sotto l’influsso di segni-eventi ben riconoscibili, che oggi potremmo definire dei precisi input del …Karma.
domenica 22 aprile 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento