domenica 29 aprile 2007

LE MINIERE di RIFIUTI della CAMORRA.

Gli abitanti di Lo Uttaro, una località a sud di Caserta, sono amareggiati. Nei prossimi giorni, la gigantesca discarica di rifiuti aperta nel loro comune, dove sono già stati sepelliti centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti, verrà riattivata. Era chiusa dal 2001, per motivi di “rischi maggiori per l’ambiente”. Eccola di nuovo requisita per rispondere "all’emergenza rifiuti”, scoppiata nella Regione Campana.
Senza neanche parlare delle strade di Napoli, regolarmente invase da montagne di rifiuti, tutto l’entroterra napoletano, da Salerno a Caserta, è una gigantesca pattumiera. L’accesso a numerose località si fa tra due siepe di detriti. La campagna è cosparsa di discariche selvagge da dove si alzano fumarole sospette. In mezzo ai frutteti in fiore, nei bordi delle zone abitate, ogni tanto persino intorno a storiche dimore, è dappertutto lo spettacolo di sacchi di rifiuti sventrati, frigoriferi fuori uso o vecchi pneumatici.
Alla fine di aprile, ci sarà un totale di un milione di tonnellate di rifiuti abbandonati nella natura, depositati in siti di stoccaggio temporanei, o dissimulati “sotto il tappeto”: Se non si fa nulla, la situazione diventerà esplosiva: Con l’arrivo del caldo, sono da temere rischi di epidemie”, dice Guido Bertolaso , Commissario straordinario incaricato dal governo di gestire i rifiuti nella regione. Nominato il 9 ottobre 2006, si deve confrontare con gli stessi problemi dei suoi predecessori: Da 14 anni la raccolta dei rifiuti è sotto amministrazione speciale nella regione napoletana. Senza nessun risultato. Dato che cozza contro la potente influenza della camorra, mafia locale che gestisce i rifiuti da parecchi decenni.
Ogni giorno la Campagna produce 7.300 tonnellate di rifiuti, (2,8 milioni di tonnellate nel 2006). “Quanto le sei regioni limitrofe messe insieme” precisa Bertolaso.
Ma questa collettività territoriale di sei milioni d'abitanti è assolutamente incapace di trattarli. L’unica discarica rimasta ufficialmente aperta, sarà satura fra qualche settimana, e l’inceneritore costruito sul territorio del comune d'Acerra entrerà in funzioni solo ad ottobre. N'è previsto un secondo, ma i lavori ancora devono iniziare. Da dodici stazioni di compostaggio previste una sola funziona. E ciò che è più grave, gli otto impianti di trattamento CDR, per colpa di “errori nella progettazione” sono in attesa di una totale ristrutturazione.
I rifiuti urbani che essi “trattano”, compattati in enormi balle di plastica, sono impossibili da eliminare. “Non li si può bruciare perché non è stata fatta la differenziazione tra secco e umido” lamenta un rappresentante dell’associazione Ecologica Assise di Napoli, indicando l’impressionante montagna di balle bianche che affianca l’impianto CDR di Calvano in provincia Caserta. A varie riprese si è provato a spedirne all’estero. Ma da qui alla fine dell’anno, la Campagna ne avrà accumulato 7 milioni di tonnellate sul proprio territorio, secondo la Corte dei Conti.
“L’ideale sarebbe di riaprire le balle per farle asciugare una per una, ma ci vorrebbero dieci anni” spiega Bertolaso. Dopo Lo Ettaro, fa fatica a convincere altri comuni a partecipare all’emergenza. A Serre, nel Parco Naturale del Cilento, a sud della regione, la popolazione si ribella contro il suo progetto di sepellimento di milioni di tonnellate. E quelle vicino ai futuri inceneritori sono in rivolta contro “una tecnologia antiquata e pericolosa”.Abituato a situazioni difficili, è a capo della protezione civile italiana dal 2001, Bertolaso vorrebbe impostare, prima dello scadere del suo mandato di commissario speciale il 31 dicembre, le condizioni per arrivare ad un a gestione normale dei rifiuti. “Non sono applicate le norme”, dice. Paghiamo le conseguenze di un sistema che non ha mai funzionato, si va al più sbrigativo nascondendo i rifiuti in un buco.
L’ultimo rapporto della Corte dei Conti, denuncia infatti il fallimento del regime di amministrazione straordinaria.,”la cui inefficienza ha assicurato la propria sopravvivenza” . Secondo la Corte, questo regime avrebbe tra l’altro ostacolato l’avviamento della raccolta differenziata, che interessa il 10,6 % della popolazione contro la media nazionale del 24,3 %. Perché si protrae da anni una tale incuria? La risposta la dà il rapporto della Corte dei Conti, che indica “contesti ambientali resi difficili dalla presenza di una criminalità economica ben radicata”.
Da trent’anni, effettivamente, i rifiuti sono il business della camorra. La mafia napoletana gestisce centinaia di discariche clandestine. Ma i rifiuti urbani non sono che la parte emersa di un enorme mercato. I dintorni di Caserta sono saturi di rifiuti industriali, sovente tossici, importati da tutta la penisola, persino dall’estero. Le colline sventrate da centinaia di cave illegali sfruttate dalle famiglie mafiose servono a nascondere rifiuti di dubbia origine. “Si aggiungono disastri su disastri”, si lamenta Eleonora Gitto, consulente del consiglio regionale per l’ambiente.
Numerosi industriali italiani e stranieri non possono resistere alle tariffe superconcorrenziali delle imprese controllate dalla camorra. All’inizio del 2006, la polizia ha smantellato una rete che trasportava e sotterrava da anni nei pressi di Acerra fanghi tossici. Una parte di questi fanghi era persino rivenduta come “prodotto fertilizzante” con l’aiuto di autentici documenti falsi officiali. L’elenco degli avvocati, carabinieri e uomini politici arrestati in questa occasione, la dice lunga sulla catena delle complicità in una regione dove 42% dei consigli comunali sono stati invalidati e commissariati per collusione con la camorra.
All’inizio d'aprile, anche uno degli assistenti di Guido Bertolaso è stato inquisito. Nominato da una quindicina di giorni per occuparsi delle “installazioni”, è accusato di legami con la potente famiglia dei Casalesi di Caserta. Avrebbero usato della loro influenza per fargli ottenere quel posto strategico, secondo le intercettazioni telefoniche della direzione antimafia.
“Proseguendo con l’emergenza, ci si sottopone ad un circuito mafioso che ha conseguenze sulla salute pubblica”, esclama Giuseppe Comella, direttore del dipartimento di medicina all’Istituto Nazionale del cancro a Napoli. Nel perimetro compreso rea le città di Nola, Acerra e Marigliano, “la percentuale di cancri della laringe, della vescica, del fegato, e del colon, è cresciuta mentre diminuisce nelle regioni industrializzate del nord del paese”. Nel 2004, la rivista britannica The Lancet aveva qualificato questa zona di agricoltura e pascoli come “triangolo della morte”.
Era basata particolarmente sui lavori di Alfredo Mazza, ricercatore all’Università di Pisa, che denunciava un legame tra la presenza dei rifiuti illegali e l’aumento della mortalità per cancro : “Per decenni 250.000 persone sono state esposte a un grado di polluzione tossica molto superiore alla norma” spiegava lo scienziato.
All’inizio del 2000, i prelievi effettuati nei terreni hanno rivelato “una percentuale di diossina più alta di quella di Seveso dopo l’incidente” rivela Antonio Martella, tossicologo dell’Istituto del Cancro di Napoli. “Orbene, la gente continua a mangiare la sua frutta e la verdura, e a bere l’acqua del rubinetto”, insiste Eleonora Gitto.
Nel 2003, il pascolo, e la vendita del latte di pecora sono stati vietati in ventidue comuni della regione. Dopo la segnalazione di numerose morti, malattie e malformazioni nelle greggi, una indagine sanitaria aveva evidenziato tassi di diossine nel latte dodici volte superiori al limite autorizzato. Qualche giorno fa, un pastore del posto, Vincenzo Cannavacciulo, 59 anni, è deceduto per un cancro alla colonna vertebrale, lo stesso tipo di malattia che ha fatto morire i due terzi delle sue 3000 pecore, in un paio di anni.
Pubblicata alla metà d'aprile, una nuova indagine effettuata da ricercatori italiani coordinati dall’ufficio ambientale dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, su 196 comuni delle province di Napoli e Caserta, dove sono state identificate oltre 1000 discariche clandestine, conferma che il fatto di abitare in un raggio di 1 chilometro di tali siti, accresce la mortalità per cancro al fegato, al polmone e allo stomaco, e certe malattie genetiche. Negli otto comuni più inquinati, il famoso triangolo della morte, l’aumento di mortalità sarebbe di 9% per gli uomini e 12% per le donne, e il rischio di malformazioni dell’apparato urogenitale supera 80%.
“C’è un innegabile rapporto tra presenza di discariche illegali e l’aumento dei cancri o delle malformazioni genetiche”, ammette Guido Bertolaso. Ma il commissario speciale si rifiuta ad opporsi di persona alla malattia endemica dell’”eco-mafia”. “Se ci sono fatti d' illegalità, interessa la magistratura”:
Posto sotto scorta di polizia all’inizio del suo mandato perché vittima d'intimidazioni, il prefetto mette gli oppositori agli inceneritori e ai suoi progetti di discariche, di fronte alle loro contraddizioni : “Sarebbe preferibile che la gente si opponesse alle discariche illegali piuttosto che alle decisioni dello stato di aprire istallazioni pulite e controllate”.

Jean-Jacques BOZONNET - “LE MONDE” - 25 Aprile 2007

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