Io l'ho conosciuto nel lontano 1967-68, poi l'ho perso di vista, se non seguito da lontano nelle sue memorabili battaglie civili. Ogni tanto non mi trovavo completamente d'accordo, ma l'ho sempre rispettato per il suo carisma. Oggi si ricorda che avrebbe potuto compiere 90 anni e io mi limito a condividere la lettera pubblicata sul Fatto Quotidiano.
Buon compleanno, Marco.
Chissà se hai notizie di quello che accade qui da noi. Magari sì, capace come pochi di “vedere”, là dove un po’ tutti guardano; di prestare attenzione ai “segni” rivelatori e anticipatori, di ascoltare e non semplicemente sentire; di dire e non solo parlare. In tanti dicono che si combatte una guerra. Guerra globale, più terribile di quella che si poteva immaginare, perché non esiste un nemico appartenente al nostro “genere”.
Chissà se hai notizie di quello che accade qui da noi. Magari sì, capace come pochi di “vedere”, là dove un po’ tutti guardano; di prestare attenzione ai “segni” rivelatori e anticipatori, di ascoltare e non semplicemente sentire; di dire e non solo parlare. In tanti dicono che si combatte una guerra. Guerra globale, più terribile di quella che si poteva immaginare, perché non esiste un nemico appartenente al nostro “genere”.
Tu parole come “guerra” e
“nemico”, le detesti. Per te non ci sono “nemici” da
combattere, perché troppe cose anche con loro si possono e si devono fare;
semmai sono avversari e la vera vittoria consiste nel voler “con/vincerli”.
Hai dato e insegnato a dare corpo a quel “Spes contra spem”, che hai
mutuato da Paolo di Tarso: quel suo
passaggio della “Lettera ai Romani” dove si riferisce all’incrollabile fede del
profeta Abramo: “Ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre
di molti popoli, come gli era stato detto…”.
Almeno una volta l’anno partivi dalla breccia di Porta Pia, simbolo dello Stato
laico; per confluire nella piazza San Pietro, simbolo della cristianità: a
ricevere il “saluto” di quel Karol Wojtyla
che eletto Pontefice salutasti: “Dio ce l’ha dato, guai chi ce lo tocca”. Vi
siete “ri/conosciuti”, quando entrambi siete insorti contro lo sterminio per
fame nel mondo. Ti si guardava increduli, ci vedevi stupiti. Eppure quando di
getto, su una bustina di sigarette buttasti giù quell’appello contro la nuova,
quotidiana Shoah, te lo trovasti accanto, quel Pontefice; e accorsero centinaia
di premi Nobel superando diffidenze, ostilità, rivalità, fedi, differenti
credi.
Ti annoieresti tu per primo, se ti elencassimo i tanti diritti di cui, grazie a te,
beneficiamo.
Certo: significa qualcosa se di volta in volta ti sei
trovato accanto Norberto Bobbio e Adriano Buzzati Traverso, Guido Calogero e
Elena Croce, Bruno De Finetti e Loris Fortuna, Eugène Ionesco e Lelio Luttazzi
, Domenico Modugno e Eugenio Montale,
Indro Montanelli e Pier Paolo Pasolini, Leonid Pliusc e Leonardo Sciascia, Ignazio
Silone e Altiero Spinelli, Enzo Tortora e Elio Vittorini…
L’Italia, gli italiani cui vuoi bene e che te ne vuole:
quella di Argentina Marchei, e di Felice Braibanti, di suor Marisa Galli; di
don Marco Bisceglie, di Luca Coscioni
e di Piergiorgio Welby. L’Italia dolente e
sofferente.
Come hai scritto, una volta? “…Amo speranze antiche, come
la donna e l’uomo; ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la
rivoluzione borghese, i canti anarchici e il pensiero della Destra storica… Credo alla parola che si ascolta e che si dice,
ai racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, quando
si vuol essere onesti ed essere davvero capiti…credo sopra ad ogni altra cosa
al dialogo…”.
Hai insegnato e mostrato che
il “dialogo” è possibile. Tu e pochi altri avete indicato una
strada, un percorso; un obiettivo: gli Stati Uniti d’Europa:
la Grande Patria Europea, mai come in questo tempo, da opporre alle sempre
insorgenti, miopi, sciagurate tentazioni di un’Europa delle Piccole Patrie.
Hai pazientemente spiegato: “Dove il diritto alla vita non ha forza
con gente che possa garantirlo, i diritti di coscienza, i diritti religiosi, di
sviluppo, di pensiero, diventano sovrastruttura astratta, priva di coerenza e
di forza teorica e pratica. Il disordine internazionale è imposto e alimentato
dagli interventismi giuridici statalistici, da regimi proibizionistici che conferiscono
essi stessi forza tremenda e incontrollabile ai fenomeni che pretendono di
vietare”.
Caro Marco, hai saputo analizzare la realtà, prevedere
disastri puntualmente avvenuti, elaborato proposte per prevenirli. Ricordare che l’avevi detto,
non è sterile rimpianto di un passato passato, ma premessa necessaria per
immaginare un diverso futuro. Le proposte di “ieri”, sono
valide ancora “oggi”.
Hai avuto l’enorme merito di individuare: la lotta per
istituzioni edificate sullo Stato di diritto laico, democratico, federalista, e
quindi fondate sul diritto alla conoscenza:
uniche alternative alle forme più estreme totalitarie, autoritarie e
militariste, e a quelle più moderate, che oggi incarnate, per restare in
Europa, nelle politiche degli oligarchi polacchi e ungheresi. La questione dei diritti umani o è posta in
termini di diritti universali, che valgono per tutte le persone
ovunque si trovino (e quindi il dovere di “ingerenza” nonviolenta nei confronti
di chi quei diritti viola), o non è.
Già nel 1979 denunciavi che le decine di milioni
sterminate dalla morte per fame, più che dalla penuria di alimenti erano la
conseguenza e il risultato di un vero e proprio “disordine economico internazionale“.
Un disordine che continua a sconvolgere la vita del pianeta.
Diventa quasi ridicolo oggi dover riformulare l’appello: “Stati Uniti d’Europa, adesso!”.
Lo diventa perché non c’è uomo “di Stato”, “di Governo”, dirigente politico che
tragga dall’infezione planetaria che si patisce la prima, vera lezione: i
grandi problemi non conoscono frontiere, e possono essere risolti solo
abbattendole, non costruendone di nuove.
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