lunedì 28 settembre 2020

Segue da "Miscellanea" (9)

 

L’Uomo Alto

 -Mamma, mamma, arriva!- E il ragazzino della salumeria all’angolo della strada lo vede entrare come tutte le sere, puntualmente un po’ prima della chiusura. Sempre grigio, sempre

serio e tanto alto. Da poco più di un mese ha fatto la sua apparizione nel quartiere e qualcuno ipotizza che sia un giocatore di pallacanestro. In realtà il fisico non appare un granché atletico: Piuttosto magro con il viso scavato e le spalle ossute che tendono il tessuto della camicia in maniera curiosa, disegnando un piano con le estremità rialzate e puntute, facendolo assomigliare a una sorta di gigantesca gruccia.
La gente, infatti, esclama: -Ecco che arriva l’attaccapanni!–oppure -Ecco l’Asceta!-
L’uomo, metodico all’esagerazione, entra nel negozio e ormai non ha neppure bisogno di aprire bocca, poiché da sempre compra le stesse cose, tutti lo sanno: Una forma tonda da mezzo chilo di pane, due etti di formaggio, brie o gorgonzola al mascarpone (l’unica digressione possibile, anche in relazione alla disponibilità del negoziante), un cartoccio di latte da mezzo litro e la solita bottiglia di vino rosso, sempre della stessa marca siciliana, in carattere con quella sua personalità quasi mistica.
Qualcuno commenta: -Però, una al giorno!…Una bella media! …E tutto da solo!-
E sul fatto che sia solo ci sono le più ampie garanzie della portiera dello stabile dove abita: -Mai nessuno che viene a cercarlo, mai visto qualcuno entrare da lui. Mai una donna. E’ proprio solo!-
Ed è proprio così, quando rientra nel suo appartamento, angusto, che sembra diventarlo ogni giorno di più, specialmente per quelle porte basse che lo costringono a una continua ginnastica di collo, l’uomo si ritrova sempre così maledettamente solo, se si eccettua per quel piccolo batuffolo grigio che gli corre incontro miagolando, per strusciarsi contro i suoi pantaloni, là in fondo alle sue lunghe gambe. -Sì, sì buono.. dopo…ecco…un momento-bofonchia dirigendosi in cucina, dove per prima cosa si dedica al vino:
Da un chiodo alla parete prende un grosso cavatappi, quindi procede a stappare la bottiglia, a riempire un capace bicchiere e a berne in rapidi sorsi tutto il contenuto.
Solo allora si china per raccogliere il gattino da terra e sorreggendolo con la mano sinistra, lo accarezza con l’altra. Mani grandi, il micetto quasi ci scompare mentre si abbandona a quella carezza delicata, e a volte accade che, improvvisamente, prese da un raptus incontenibile, quelle mani aumentino la stretta e il fru fru di piacere finisca col trasformarsi in un acuto miagolio di sofferenza.
Infine, subito scuotendosi come fosse stato in trance, si affretta a rimetterlo sul pavimento, poi quasi a voler farsi perdonare provvede a riempire la scodellina del micio, che non si fa certo pregare per gradire, e già dimentico dello scampato pericolo attacca a sorbire con il caratteristico fruscio il suo latte.
Continuamente, giorno dopo giorno, si ripete la stessa scena, tutto avviene come in un film visto con il videoregistratore. Quasi ogni sera quel povero micio passa dalle effusioni al rischio di morte. Subito dopo, ripresosi, l’uomo si siede al tavolo e consuma il suo pasto, sempre molto lentamente e innaffiandolo, come si suol dire, generosamente. Il vino è ottimo, certamente, ma il bere per lui non è solo una questione di piacere, e in ogni caso non può smettere fino a che non arrivi quel particolare momento, non tanto d’ebbrezza, quanto di saturazione.
A quel punto, allora, si alza, prende la bottiglia, nella quale comunque ne resta una certa quantità, e va a posizionarla sul ripiano di marmo di una vecchia credenza, dove ve ne sono allineate altre, della stessa marca, una accanto all’altra.
Sono tutte non completamente vuote, disposte in file parallele affiancate in ordine decrescente, secondo la quantità di liquido che ognuna contiene. Così, le ultime appaiono un poco più vuote delle precedenti. Ogni volta che accosta la nuova bottiglia e osserva che la quantità rimasta è sempre minore, il suo viso assume un’espressione via via più dubbiosa.
Poi però, come per scacciare un pensiero molesto, schiaffeggiando l’aria con una mano si scuote tutto, illuminandosi di un rapido sorriso, quindi si gira di scatto e si dirige nell’altra stanza. Un poco più ampia della cucina, questa presenta pochi mobili, ma una parete laterale è quasi interamente occupata da un immenso divano, affollato, apparentemente di…. persone.
A prima vista sembrano proprio tali quelle figure vestite con colori sgargianti, appoggiate alla spalliera, quasi afflosciate. In realtà, si tratta di manichini.
Manichini o bambole di gomma, in ogni caso figure di donna, di sembianze diverse. C’è la bionda con capelli lunghi e lisci; la bruna con caschetto alla Valentina; una rossa con boccoli e riccioloni alla Rita Hayworth; ce n’è una “grassa” con un grembiulone da massaia; un’altra ha un aspetto molto giovanile, da sbarbina, in minigonna mozzafiato; un’altra ancora con una scollatura vertiginosa mostra un bel seno florido.
In tutto, una decina di manichini “viventi”, fedelissimi nei particolari, che presentano un ricco campionario di caratteristiche femminili, anche se piuttosto da cliché, e che se ne stanno su quel divano come in attesa di qualcosa.

Nessun commento:

Posta un commento