Sesto senso- Quel giorno che incontrai Luciano Bianciardi
Quel giorno stavo malissimo. Avevo appena visto quella che credevo fosse la mia ragazza baciarsi appassionatamente nel buio di un androne, con un altro. A casa si era consumato l’ennesimo scazzo con mio padre, ogni giorno più freddo e taciturno, da quando eravamo rimasti soli a Milano, con il nostro rapporto sempre più difficile.
Mia madre e mio fratello se la sguazzavano in quel di S. Margherita Ligure, non
senza scordarsi di farci quotidiane telefonate con la raccomandazione di andare
d’accordo, per non farli stare “Troppo in pensiero!”.
Io, dal canto mio, ero
appena tornato dal servizio militare e avevo avuto la sorpresa di non trovare più
la “mia Impresa”. O meglio l’Impresa Edile, dove ero impiegato, dove credevo di
ritrovare il mio posto, date le sperticate assicurazioni in proposito del Mio
Datore di Lavoro, (all’atto della partenza, con mille salamelecchi, per quel
“dovere che mi faceva tanto onore”).
Semplicemente non c’era
più. Aveva chiuso i battenti: La crisi. Figuriamoci la mia!
Erano giorni ormai che
rispondevo a tutte le inserzioni di possibili offerte di lavoro, ma più che
colloqui, test cretini e “Bravo, bravo, le faremo sapere” non si concretizzava
nulla.
Solo il rimbrotto,
sempre meno soft, di mio padre. A tutto questo bisogna aggiungere che
quell’estate in città il caldo era soffocante.
Eppure, quel giorno, tra
un tentativo e l’altro di trovare la cosa giusta da fare, dopo aver inutilmente
cercato qualcuno degli amici più fidati, sempre più annoiato e abbuttato, come
diceva un mio amico siculo, fu certamente una specie di sesto senso a guidarmi in via
Manzoni dalle parti della Libreria Feltrinelli.
“Ma che ci entro a
fare?“ mi stavo dicendo combattuto se varcare o no la soglia, “Visto che non ho
una lira”, ed ecco che arriva una splendida fanciulla in minigonna mozzafiato,
che si attarda un attimo prima di entrare, e incredibile!, Mi guarda e mi
sorride. Un brivido lungo la schiena, “Che mi abbia scambiato per un altro?”, comunque
non ci penso troppo e come in trance mi affretto a entrare sulla scia di
quell’incredibile apparizione.
La libreria è piuttosto
affollata, molti giovani fanno capannello in un angolo, mi avvicino, scorgo la
mia “musa”, mi sforzo di fissarla per catturarne l’attenzione, ma quella non mi
degna più di uno sguardo, “Sarà la solita femminista che si diverte a provocare”
cerco di consolarmi, mentre il mio interesse cade sull’individuo, non
giovanissimo, che sembra essere al centro della curiosità generale. Mi sembra un viso
conosciuto, ma solo dopo molti sforzi di memoria e quando finalmente uno lo
chiama Luciano, realizzo che si tratta di Luciano Bianciardi.
Ho appena letto “La vita
agra” e l’ho trovato un libro eccezionale, superstimolante almeno quanto “On
the road” di Kerouac.
Resto, affascinato, ad
ascoltare i dialoghi tra lo scrittore e alcuni giovani, i più arditi, che gli
fanno un sacco di domande; anche la “bella” che ormai mi lascia indifferente,
gli si rivolge, ma da come parla mi sembra una tremenda snob. “Non è tipo per
me”, concludo.”Non è il caso di provarci.” (Autoscusa meschina e puerile!)
Comunque l’attenzione è tutta per lo scrittore, mi affascina e m’intimidisce.
Naturalmente non riesco
a vincere l’emozione per cercare di dirgli qualcosa, e quando tutto finisce, mi
ritrovo per strada, ancora più incazzato e deluso.
Non mi è riuscito
d’attaccare discorso né con la femmina, né con lo scrittore. Sono proprio una
frana!
Tempo dopo, ormai ho
dimenticato l’episodio, sono anch’io a S. Margherita, in vacanza, (ahimè, da un
lungo periodo di vacanza) e mi capita sotto gli occhi un articolo di giornale che parla di Luciano
Bianciardi, di qualche polemica con suoi editori, e vengo a sapere che si trova
a Rapallo.
Da quel momento comincio
a pensare all’incredibile opportunità che potrei avere, vista la vicinanza
delle due località liguri, se solo riuscissi a trovare il coraggio. Così,
arrovellandomi in spossanti tentennamenti, alla fine riesco a ottenere, tramite
una Casa Editrice, il suo numero telefonico, e un giorno, chissàcome, trovo la
forza di comporre quel numero. Mi risponde una voce
femminile roca, sensuale, e a fatica riesco a chiedere di lui.
Poi tutto si svolge,
come in un sogno, in modo del tutto facile e lineare. Quando gli dico che
vorrei conoscerlo e che sto a Santa, m’invita semplicemente a prendere un caffè
insieme, al suo bar preferito. Caffè Biancaneve, sul lungomare di Rapallo.
Mi aspetta seduto a un
tavolino, grande emozione, blocco in gola, poi pian piano non ci sono più
problemi. Mi chiede che cosa voglio da bere: -Un caffè, grazie-
-E’ sicuro, non vuole
niente di più forte?- Con un sorriso beffardo, mentre fa l’ordinazione al
cameriere, aggiungendo -A me ne porti un altro-.....
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