Nella Lomellina
-Lo sai dove devi andare
se vuoi trovare una casa del genere? -Mi aveva detto con uno scatto improvviso
Margherita -Nella zona dell’Oltre Po pavese, nella Lomellina, lì ne trovi
quante ne vuoi di cascine abbandonate. Vedrai che troverai qualcosa anche per i
tuoi gusti!-
Aveva aggiunto con una
certa intonazione maliziosa, a sottolineare che conosceva bene la mia
proverbiale difficoltà nello scegliere quasiasi cosa. In effetti, forse
esagerando, gli amici mi hanno spesso definita una dai gusti difficili. In
realtà mi piace ponderare bene prima di decidere su qualunque cosa, insomma
sono un tipo riflessivo e poco portata ai facili entusiasmi.
Eppure ciò che sto per
raccontare sembrerebbe contraddire clamorosamente questo mio modo d’essere.
Impossibile che possa essere capitata a me una cosa del genere! Ma andiamo con
ordine.
Dunque, a quell’uscita
di Margherita finii per crederci, del resto lei era sempre così piena di
trovate, di notizie curiose, quindi perché non darle credito? Così il primo
sabato libero, a bordo della mia favolosa cinquecento, appena finita di pagare
a rate, partii alla volta della Lomellina nell’Oltrepò Pavese alla ricerca di
una vecchia casa di campagna da prendere in affitto. Un mio vecchio sogno che
speravo di poter realizzare.
Avevo avuto indicazioni
particolareggiate dalla mia onnisciente amica, soprattutto circa una località
specifica dove, secondo lei, avrei trovato più d’una occasione. In un primo
momento avevo sperato di pescare qualcuno che mi potesse fare compagnia, ma
incominciando proprio da Margherita, nessuno di coloro, che un po’ troppo a sorpresa avevo contattato, si era reso disponibile
a causa di precedenti impegni e così mi ero decisa a partire da sola.
“In fondo”, mi ero detta,
“forse è meglio, così posso guardare e decidere con più calma, senza rischio di
possibili influenze”.
Ormai alla guida
dell’auto ci sapevo fare molto più che discretamente, come soleva dire Luca con
quella sua aria da perenne presa in giro, e “Dopotutto un giretto in campagna
mi farà bene” avevo pensato, “Un po’ d’aria buona mi servirà da tonico, meglio
di tutti quei ricostituenti che mi prescrive continuamente il medico.” Ora che ripenso a mente
fredda a quell’incredibile giornata, non posso che sorridere: “Altro che
tonico!”
Dopo vari giri viziosi,
inversioni di marcia, indicazioni e controindicazioni fornitemi da questo e da
quello nei vari paesetti attraversati, arrivai finalmente nella località
suggeritami da Margherita: Scaldasole, “Un nome pittoresco e pieno di poesia”,
pensavo mentre entravo nella piazza che doveva essere la principale, dominata
da un castello medioevale, di un bel rosso acceso. Mi fermai a lungo a
guardarlo, poi esplorai tutta la piazza con una lunga occhiata circolare: C’erano
alcuni bar-osteria, di quelli tipici dei paesi di campagna, con qualche
avventore seduto fuori ai tavolini, sotto larghe tende colorate che gettavano
un poco d’ombra su tutto quel paesaggio dominato dal sole e dal caldo
soffocante.
Quando entrai in uno di
quei locali molti occhi si levarono a scrutarmi con curiosità e ostinazione,
per lo più di uomini anziani dalle facce abbronzate e screpolate. “Gente
abituata al duro lavoro dei campi” pensai, “che forse è portata a guardare con diffidenza
chi viene dalla città”.
E che fossi una
cittadina si doveva capire facilmente, in contrasto a quegli abbigliamenti
semplici e pratici dei contadini, mi sentii un pochino a disagio nella mia
minigonna di pelle di renna. Tutti quegli sguardi
acuti che parevano dovessero scoprire in pochi secondi l’essenza della mia
personalità più intima m’innervosivano, e quando un uomo dalla corporatura
imponente, appoggiato a una parete, mi squadrò dall’alto in basso, con
attenzione, e con una certa approvazione, mi sentiì più che nuda.
Presa da una stizza
nervosa mi avvicinai al bancone in fondo al locale, decisa a non farmi
influenzare da quell’atmosfera. Per fortuna il ragazzo
al banco era molto timido e ciò servì a ridarmi un minimo di sicurezza. Dopo
aver sorbito lentamente un caffè provai a dare un’occhiata intorno per
controllare fino a che punto fossi ancora al centro dell’attenzione generale.
Mi piace osservare la gente intorno a me, ma mi disturba essere, a mia volta,
troppo fissata.
Con mia gran
soddisfazione ognuno sembrava tornato ai fatti propri. Un breve spazio di tempo
dedicato alla curiosità, poi di nuovo quegli sguardi pensosi un po’ trasognati
che vagavano calmi dai bicchieri di vino alle facce dei compagni seduti vicino;
qualche parola ogni tanto in un dialetto stretto difficile da capire. L’uomo
che mi aveva innervosito con il suo sguardo penetrante, non c’era più, almeno
non era più in vista.
Allora, facendomi
coraggio e a voce bassa, perché non sentissero gli altri, chiesi al ragazzo se
mi sapeva indicare dove c’erano delle cascine in affitto, in quella zona.
Ogni mia precauzione fu inutile perché quello fece eco alla mia domanda ad alta
voce e tanto bastò per riscatenare l’interesse di chi stava nel locale. Ben
presto mi trovai in mezzo a un tiro incrociato di domande, d’informazioni
confuse e ancora di domande, alle quali non sapevo e non mi era facile
rispondere. Ognuno voleva dire la
sua, forse cercavano anche di aiutarmi, ma io finii col non capirci nulla.
Fortunatamente si fece avanti un uomo grasso che facendo zittire gli altri, mi
chiese di ripetere bene ciò che volevo.
Alla fine riuscìì ad
afferrare l’indicazione di alcune case che erano parte di una vecchia tenuta e
si trovavano vicino al ponte dell’autostrada, ma per andarle a vedere bisognava
rivolgersi a un certo Pierino. Il tizio grasso si offrì di accompagnarmi da
lui.
-Se proprio ci tiene ad
andarci…- aggiunse con un tono quasi di avvertimento, cui non detti troppo
peso. Con sollievo uscii dal bar e mi avviai dietro alla mia guida, mentre alle
mie spalle esplodeva improvviso un brusio di voci concitate, di cui,
sicuramente, io ero il tema centrale.
-Non c’è bisogno che
prenda la macchina- mi disse vedendo che stavo per avviarmi in una certa
direzione con già le chiavi in mano. -E’ qua vicino.-
M’incamminai al suo
fianco, non senza notare il forte odore di sudore che emanava, e poco dopo
arrivammo a un gran portone in un muro di mattoni gialli, varcato il quale ci
trovammo in un vasto cortile, ingombro di ogni genere di oggetti e di animali.
Cani, gatti, oche, galline e da una porta grande s’intravedevano anche delle
mucche.
Fu in quel momento che
iniziò la parte più incredibile e avventurosa di quella giornata...
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