venerdì 2 ottobre 2020

Segue da "Miscellanea" (13)

 Nella Lomellina 

 -Lo sai dove devi andare se vuoi trovare una casa del genere? -Mi aveva detto con uno scatto improvviso Margherita -Nella zona dell’Oltre Po pavese, nella Lomellina, lì ne trovi quante ne vuoi di cascine abbandonate. Vedrai che troverai qualcosa anche per i tuoi gusti!-
Aveva aggiunto con una certa intonazione maliziosa, a sottolineare che conosceva bene la mia proverbiale difficoltà nello scegliere quasiasi cosa. In effetti, forse esagerando, gli amici mi hanno spesso definita una dai gusti difficili. In realtà mi piace ponderare bene prima di decidere su qualunque cosa, insomma sono un tipo riflessivo e poco portata ai facili entusiasmi.

Eppure ciò che sto per raccontare sembrerebbe contraddire clamorosamente questo mio modo d’essere. Impossibile che possa essere capitata a me una cosa del genere! Ma andiamo con ordine.  Dunque, a quell’uscita di Margherita finii per crederci, del resto lei era sempre così piena di trovate, di notizie curiose, quindi perché non darle credito? Così il primo sabato libero, a bordo della mia favolosa cinquecento, appena finita di pagare a rate, partii alla volta della Lomellina nell’Oltrepò Pavese alla ricerca di una vecchia casa di campagna da prendere in affitto. Un mio vecchio sogno che speravo di poter realizzare.
Avevo avuto indicazioni particolareggiate dalla mia onnisciente amica, soprattutto circa una località specifica dove, secondo lei, avrei trovato più d’una occasione. In un primo momento avevo sperato di pescare qualcuno che mi potesse fare compagnia, ma incominciando proprio da Margherita, nessuno di
coloro, che un po’ troppo a sorpresa avevo contattato, si era reso disponibile a causa di precedenti impegni e così mi ero decisa a partire da sola.
“In fondo”, mi ero detta, “forse è meglio, così posso guardare e decidere con più calma, senza rischio di possibili influenze”. Ormai alla guida dell’auto ci sapevo fare molto più che discretamente, come soleva dire Luca con quella sua aria da perenne presa in giro, e “Dopotutto un giretto in campagna mi farà bene” avevo pensato, “Un po’ d’aria buona mi servirà da tonico, meglio di tutti quei ricostituenti che mi prescrive continuamente il medico.” Ora che ripenso a mente fredda a quell’incredibile giornata, non posso che sorridere: “Altro che tonico!”
Dopo vari giri viziosi, inversioni di marcia, indicazioni e controindicazioni fornitemi da questo e da quello nei vari paesetti attraversati, arrivai finalmente nella località suggeritami da Margherita: Scaldasole, “Un nome pittoresco e pieno di poesia”, pensavo mentre entravo nella piazza che doveva essere la principale, dominata da un castello medioevale, di un bel rosso acceso. Mi fermai a lungo a guardarlo, poi esplorai tutta la piazza con una lunga occhiata circolare: C’erano alcuni bar-osteria, di quelli tipici dei paesi di campagna, con qualche avventore seduto fuori ai tavolini, sotto larghe tende colorate che gettavano un poco d’ombra su tutto quel paesaggio dominato dal sole e dal caldo soffocante.
Quando entrai in uno di quei locali molti occhi si levarono a scrutarmi con curiosità e ostinazione, per lo più di uomini anziani dalle facce abbronzate e screpolate. “Gente abituata al duro lavoro dei campi” pensai, “che forse è portata a guardare con diffidenza chi viene dalla città”.
E che fossi una cittadina si doveva capire facilmente, in contrasto a quegli abbigliamenti semplici e pratici dei contadini, mi sentii un pochino a disagio nella mia minigonna di pelle di renna.
Tutti quegli sguardi acuti che parevano dovessero scoprire in pochi secondi l’essenza della mia personalità più intima m’innervosivano, e quando un uomo dalla corporatura imponente, appoggiato a una parete, mi squadrò dall’alto in basso, con attenzione, e con una certa approvazione, mi sentiì più che nuda.
Presa da una stizza nervosa mi avvicinai al bancone in fondo al locale, decisa a non farmi influenzare da quell’atmosfera.
Per fortuna il ragazzo al banco era molto timido e ciò servì a ridarmi un minimo di sicurezza. Dopo aver sorbito lentamente un caffè provai a dare un’occhiata intorno per controllare fino a che punto fossi ancora al centro dell’attenzione generale. Mi piace osservare la gente intorno a me, ma mi disturba essere, a mia volta, troppo fissata.
Con mia gran soddisfazione ognuno sembrava tornato ai fatti propri. Un breve spazio di tempo dedicato alla curiosità, poi di nuovo quegli sguardi pensosi un po’ trasognati che vagavano calmi dai bicchieri di vino alle facce dei compagni seduti vicino; qualche parola ogni tanto in un dialetto stretto difficile da capire. L’uomo che mi aveva innervosito con il suo sguardo penetrante, non c’era più, almeno non era più in vista.
Allora, facendomi coraggio e a voce bassa, perché non sentissero gli altri, chiesi al ragazzo se mi sapeva indicare dove c’erano delle cascine in affitto, in quella zona. Ogni mia precauzione fu inutile perché quello fece eco alla mia domanda ad alta voce e tanto bastò per riscatenare l’interesse di chi stava nel locale. Ben presto mi trovai in mezzo a un tiro incrociato di domande, d’informazioni confuse e ancora di domande, alle quali non sapevo e non mi era facile rispondere. Ognuno voleva dire la sua, forse cercavano anche di aiutarmi, ma io finii col non capirci nulla. Fortunatamente si fece avanti un uomo grasso che facendo zittire gli altri, mi chiese di ripetere bene ciò che volevo.
Alla fine riuscìì ad afferrare l’indicazione di alcune case che erano parte di una vecchia tenuta e si trovavano vicino al ponte dell’autostrada, ma per andarle a vedere bisognava rivolgersi a un certo Pierino. Il tizio grasso si offrì di accompagnarmi da lui. -Se proprio ci tiene ad andarci…- aggiunse con un tono quasi di avvertimento, cui non detti troppo peso. Con sollievo uscii dal bar e mi avviai dietro alla mia guida, mentre alle mie spalle esplodeva improvviso un brusio di voci concitate, di cui, sicuramente, io ero il tema centrale.
-Non c’è bisogno che prenda la macchina- mi disse vedendo che stavo per avviarmi in una certa direzione con già le chiavi in mano. -E’ qua vicino.-

M’incamminai al suo fianco, non senza notare il forte odore di sudore che emanava, e poco dopo arrivammo a un gran portone in un muro di mattoni gialli, varcato il quale ci trovammo in un vasto cortile, ingombro di ogni genere di oggetti e di animali. Cani, gatti, oche, galline e da una porta grande s’intravedevano anche delle mucche.
Fu in quel momento che iniziò la parte più incredibile e avventurosa di quella giornata...

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