giovedì 22 ottobre 2020

Segue da"Miscellanea" (26)

La ragazza che già lo stava guardando con aria interrogativa per quel suo repentino scatto che l’aveva costretta a interrompere le operazioni, si affrettò a replicare stizzita:

-Ma che dici?!….Come ti viene in mente una cosa simile- e dopo un attimo di esitazione -Che cosa te lo fa pensare?-
-No, niente…- rispose lui cercando di non dare troppo peso alla cosa –è un’idea che mi è venuta così…non so nemmeno io perché-
-Ma su caro, che cosa vai a fantasticare…non ti piaccio forse?-
Gli alitò sul viso con un leggero soffio, mentre avvicinava le labbra alle sue per un bacio dapprima timido, poi sempre più appassionato.
-Sei meraviglioso…non sciupare questi momenti…lasciati amare…- andava sussurrando, staccando ogni tanto la bocca dalla sua, per solleticargli con la lingua un orecchio. Cosa che faceva letteralmente impazzire il ragazzo, che ormai al colmo dell’eccitazione aveva di nuovo scordato i suoi dubbi, e cominciava a rispondere alle carezze di lei, toccando a sua volta quel corpo bellissimo che gli si offriva senza limiti.
Sempre più stretti, avvinghiati, baciandosi furiosamente, quasi volessero succhiarsi l’anima a vicenda, erano infine avviati a una sana scopata liberatoria, quand’ecco l’imponderabile si abbatté sul povero disgraziato, con quel maledetto fastidio che già altre volte l’aveva inguaiato.
Era purtroppo un difetto causato probabilmente da manganellate della polizia, rimediate durante qualche manifestazione studentesca: In aggiunta all’erezione gli veniva il bisogno impellente di fare pipì, un vero gadget!
“Accidenti! Proprio ora" pensò con rabbia e iniziò una serie di movimenti da contorsionista per cercare di liberarsi, senza farsene accorgere, dalla stretta di lei, che nel frattempo aveva ripreso a darsi da fare ed era alle prese con il suo ombelico.  Era riuscito a liberarsi in parte quando la ragazza, accortasi della manovra, si rizzò a guardarlo interrogativamente:
-Ma insomma, che ti prende?..Ti ha morso una tarantola?- sbottò un po’ scocciata. Approfittando dell’occasione Lino scivolò di lato raggiungendo lesto il bordo del letto e saltando in piedi: -Scusami un minuto solo…-disse in tutta fretta -sai...un bisogno impellente...dov’è il bagno?-
Guardandolo come se vedesse uno scarafaggio, alzò un braccio stancamente indicando nella parete di fianco un grande specchio. -Di là…è una porta-
Mentre lui si avvicinava notando una piccola maniglia mimetizzata nella cornice dello specchio, la sentì brontolare:
-Ma guarda…che razza di tipo..questo qui…-
Aperta la porta-specchio, entrò quasi correndo nel nuovo ambiente e finì per sbattere contro qualcosa di duro e di enorme.
Imprecando guardò meglio, abituandosi alla luce scarsa che filtrava da una finestrella alta, e si accorse con stupore che ciò che aveva investito era una stufa, enorme appunto. Una di quelle in maiolica, con lo sportellone di ghisa, come usavano i nostri nonni e che ancora si può trovare in qualche baita di montagna.
Pensando mentalmente: “Freddolosa la fanciulla!” proseguì con maggiore cautela verso l’unica porta che si vedeva in fondo, rigorosamente azzurra, o forse celeste. Entrò quindi nel bagno, perché fortunatamente di questo si trattava. Lì almeno c’erano le cose giuste di quel posto, lavandino, water ecc, anche se le pareti erano tutt’altro che normali.
Invece del solito rivestimento in piastrelle, infatti, erano in mattoni a vista, colorati a file alternate in tinte diverse e sporgenti di qualche centimetro, di modo che tra una fila e l’altra si creava una profonda rientranza. Il tutto faceva pensare alla stanza di Arlecchino e finiva col dare il capogiro.
Riflettendo che ormai in quella casa non avrebbe dovuto stupirsi più di niente, Lino si accinse all’operazione di svuotamento. Stando in piedi davanti al water, nella posizione che si utilizza in simili frangenti, ed essendo piuttosto alto, poteva comodamente esplorare la fascia sporgente dei mattoni alla portata della sua vista, e di colpo la sua attenzione fu attratta da una macchia bianca sopra a dei mattoni blu.
Non riusciva a capire bene di cosa si trattasse, anche perché era in fondo vicino all’angolo del muro. Esaurita l’incombenza, Lino si avvicinò a quel punto bianco e scoprì con meraviglia che si trattava di un pezzetto di carta, stracciata forse in gran fretta, da un foglio di calendario. Giratolo, si rese conto che c’erano delle parole scritte con calligrafia incerta e discontinua, e alcune sembravano sbiadite dall’umidità.

 IUTO    UNQUE VOI SIATE  E’  OSTRO  A TIRA   OM NI  CI FA   L  MORE   OI   LI      AZZA   SON       I SCITO  AP   ARE   MA                ON      CAMPO  GGITE  FIN     SIETE         MPO
Sforzandosi, ed essendo un appassionato di enigmistica, alla fine riuscì a capire qualcosa:

Mano a mano che decifrava il senso di quelle parole sentiva salirgli sudori freddi per tutto il corpo. In definitiva il messaggio era piuttosto chiaro: si trattava di un avvertimento di uno sconosciuto, a quanto pare vittima di quella maliarda. Ecco, ora si spiegava il suo grande interesse per lui, il suo comportamento seduttivo. “Hai capito la fata turchina!” si disse con un brivido il giovane, che era rapidamente uscito dall’atmosfera di grande eccitazione per entrare in quella di paranoia. “Ma se invece si trattasse di uno scherzo, magari una delle sue trovate?” si trovò a riflettere, cercando di scacciare l’idea fastidiosa che quella bella avventura non avesse il seguito sperato.
C’era però il fatto che lui era più alto di Beatrice, quindi lei non avrebbe mai potuto vedere quel pezzetto di carta infilato nella rientranza, anche se avrebbe potuto mettercelo salendo su qualche sgabello. “Già, e se invece è tutto vero?” cercava di razionalizzare, “Chissà, magari usa qualche artificio per addormentare le sue….” Improvviso un lampo nel suo cervello: “Forse proprio quello spumante….per fortuna che io ne ho bevuto pochissimo”
Ora propendeva nettamente per la veridicità di quel messaggio, per cui cominciò a pensare freneticamente che cosa gli convenisse fare. Un urlo da lontano gli interruppe il corso dei pensieri.
-Allora…..sei…..morto?- La fata era impaziente, reclamava la sua vittima, “Già, il bocconcino!”- pensò con un sorriso storto...

 

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